Patronato

La pensione di vecchiaia INPS

15 Novembre 2019 -

La pensione di vecchiaia INPS

La pensione di vecchiaia, si consegue, a domanda, al compimento dell’età pensionabile e al minimo contributivo, regolato dalla normativa di legge n. 335/1995. I requisiti contributivi e d’età vengono fissati per legge e vengono elevati in ragione dell’incremento delle aspettative di vita rilevato periodicamente dall’ISTAT.

Nel 2019 e fino al 2022 il requisito per la pensione di vecchiaia è di:

  • 67 anni di età, sia per gli uomini sia per le donne;
  • 20 anni di contribuzione;

Per i lavoratori dipendenti inoltre è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro, requisito non necessario per i lavoratori autonomi.

A partire dal 2109 e fino al 2022, l’adeguamento dell’aspettativa di vita rimane bloccato ed invariato, quindi rimane saldo il requisito anagrafico dei 67 anni di età sia per gli uomini che per le donne. 

Per quanto riguarda invece i contributi considerati, vale invece la pena di precisare che, ai fini del raggiungimento dei 20 anni, vale la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato: si considerano cioè egualmente “validi” contributi da lavoro, da riscatto, figurativi e versamenti volontari. 

Attenzione! Il doppio requisito 67 anni d’età e 20 anni di contribuzione è valido in linea di massima, ma sono ovviamente previste alcune eccezioni, tanto che si può dire che, nel complesso, l’età di accesso alla pensione di vecchiaia varia per il 2019 dai 66 ai 71 anni. In particolare: 

  • Per i lavoratori che svolgono le “mansioni gravose” individuate come tali per legge, viene congelato per l’anno in corso l’adeguamento alla speranza di vita: questi lavoratori potranno cioè anche quest’anno accedere alla pensione di vecchiaia con 66 anni e 7 mesi di età (e 20 anni di contributi) sempre fino al 2022;

  • Per i lavoratori che non soddisfano il requisito contributivo ventennale, è possibile ottenere la pensione di vecchiaia, definita anche “pensione di vecchiaia contributiva” (contribuzione versata dopo il 31/12/1995) – a 71 anni (requisito a propria volta soggetto ad adeguamento demografico) a fronte del versamento di 5 anni di contributi, nei quali non sono però compresi in questo caso i contributi figurativi, sempre fino al 2022;

  • Per i cosiddetti “contributivi puri”, vale a dire per quei lavoratori il cui primo versamento contributivo sia successivo alla riforma Dini e quindi decorra dall’1 gennaio 1996, il doppio requisito anagrafico e contributivo non è in realtà sufficiente, ma ne è previsto un terzo, vale a dire aver maturato una pensione di importo superiore a 1,5 volte l’assegno sociale (689,74 euro per il 2020). Laddove il requisito non sia soddisfatto, non è quindi possibile ottenere la pensione: è possibile prescindere da tale requisito solo al raggiungimento dei 71 anni di età (“pensione di vecchiaia contributiva”), quando sarà cioè possibile ottenere l’accesso al proprio assegno pensionistico a prescindere dall’importo maturato;

  • Per quanti avevano maturato al 31 dicembre 1992 almeno 15 anni di anzianità contributiva, possono bastare appunto anche solo 15 anni di contribuzione, a condizione che venga comunque soddisfatto il requisito anagrafico. A questo proposito occorre infatti precisare che la cosiddetta riforma Monti-Fornero ha di fatto “parificato” il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia tra i cosiddetti “contributivi puri” e quanti invece al gennaio 1996 avevano già una posizione assicurativa avviata, ma per quanto riguarda quello contributivo la circolare INPS n. 16/2013 dispone invece delle possibili deroghe; 

  • Per chi accede alla pensione di vecchiaia tramite totalizzazione, vale a dire “totalizzando” i contributi versati nel corso della propria vita lavorativa i contributi versati a più gestioni (Casse di Previdenza dei liberi professionisti comprese), il requisito anagrafico “scende” a 66 anni di età. Va però ricordato che tra il diritto alla pensione e l’erogazione del primo assegno intercorrere una finestra di 18 mesi, tanto che di fatto anche la pensione di vecchiaia in totalizzazione non viene comunque percepita prima dei 67 anni.

In linea di massima, la pensione di vecchiaia decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è stata raggiunta l’età pensionabile oppure, nel caso dei “contributivi puri” che non soddisfino al raggiungimento della soglia anagrafica anche il requisito relativo all’importo dell’assegno, dal mese successivo al soddisfacimento di tale requisito.

Le tipologie:

Pensione di vecchiaia in regime di cumulo

La pensione di vecchiaia può essere ottenuta, con gli stessi requisiti previsti per il trattamento di vecchiaia ordinario, anche in regime di cumulo, cioè sommando gratuitamente i contributi di casse diverse, comprese le gestioni dei liberi professionisti.

Il cumulo non comporta il ricalcolo contributivo della prestazione (solitamente penalizzante, in quanto basato sui versamenti, e non sugli ultimi redditi o stipendi come il calcolo retributivo), per quanto riguarda le gestioni Inps, anzi, consente in alcuni casi di ottenere il calcolo retributivo sino al 2011. Per quanto riguarda le casse professionali, però, diverse gestioni applicano il ricalcolo contributivo alla pensione in cumulo, salvo il raggiungimento di requisiti minimi.

Come chiarito da una recente circolare Inps, al compimento di 67 anni viene liquidata l’intera pensione in cumulo soltanto se i requisiti di età per la pensione di vecchiaia previsti dalla cassa professionale sono inferiori o uguali a quelli previsti per le gestioni Inps, ossia, appunto, 67 anni.

In caso contrario, la quota di pensione maturata presso la gestione dei liberi professionisti è liquidata alla maturazione del più severo requisito di età previsto dalla cassa, mentre al compimento di 67 anni è liquidata la sola quota Inps di pensione.

Pensione di vecchiaia con 15 anni di contributi

In alcuni casi, la pensione di vecchiaia ordinaria si può ottenere con soli 15 anni di contributi: questa possibilità è data da specifiche deroghe, dette deroghe Amato, dal decreto che le ha previste.

  • La prima deroga Amato, nel dettaglio, è possibile pensionarsi con 15 anni di contributi se si possiedono 15 anni di contribuzione (780 settimane) accreditate prima del 31 dicembre 1992; sono utili tutti i contributi: volontari, obbligatori, figurativi, da riscatto e ricongiunzione, anche quelli versati all’estero, in Paesi europei o convenzionati con l’Italia.

Per beneficiare della deroga è necessario essere iscritti al Fondo lavoratori dipendenti o alle gestioni speciali dei lavoratori autonomi dell’Inps. La deroga si applica anche agli iscritti ex Inpdap, ex Enpals, ex Ipost.

  • La seconda deroga Amato prevede la possibilità di pensionarsi con 15 anni di contributi, se si è stati autorizzati al versamento dei contributi volontari, con un provvedimento di autorizzazione anteriore al 24 dicembre 1992 (non è necessario l’effettivo versamento di contributi volontari).

La deroga vale per i lavoratori dipendenti e autonomi iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria dell’Inps e per gli iscritti ex Enpals (non per gli iscritti all’ex Inpdap ed all’ex Ipost). I dipendenti pubblici, quindi, essendo iscritti all’ex Inpdap, non possono fruire della seconda deroga.

Per raggiungere i 15 anni di contribuzione, anche in questo caso, sono utili tutti i contributi: volontari, obbligatori, figurativi, da riscatto e ricongiunzione e esteri.

  • La terza deroga Amato prevede la possibilità di pensionarsi con 15 anni di contributi, per i soli lavoratori dipendenti, iscritti all’assicurazione generale obbligatoria o ad un fondo sostitutivo o esonerativo della medesima, se si possiedono :

25 anni di anzianità assicurativa (vale a dire che il primo contributo deve essere versato almeno 25 anni prima della data di maturazione dei requisiti per la pensione: può essere contato qualsiasi contributo, a tal fine, anche per attività di lavoro autonomo o svolte all’estero in un Paese Ue o convenzionato);

15 anni di contribuzione : valgono i soli contributi da lavoro dipendente versati all’Assicurazione generale obbligatoria o ad un fondo sostitutivo o esonerativo;

almeno 10 anni lavorati discontinuamente, cioè per periodi inferiori alle 52 settimane; non sono considerati gli anni lavorati interamente in cui risultano meno di 52 contributi settimanali, a causa del fatto che il part time non arrivi a coprire tutte le 52 settimane per retribuzione inferiore al minimale (pari a 205,19 euro settimanali nel 2018); al contrario, un anno può risultare interamente coperto da contributi, ma non interamente lavorato, se è presente un periodo di disoccupazione indennizzato durante il quale sono accreditati i contributi figurativi; sono utili anche gli anni in cui il lavoratore risulta iscritto negli elenchi dei lavoratori agricoli a tempo determinato (cosiddetti otd).

La deroga Amato consente di conseguire la pensione di vecchiaia ordinaria (quindi a 67 anni dal 2019 al 2022) e la  pensione di vecchiaia anticipata per invalidità.

In alcuni particolari casi la pensione con 15 anni di versamenti può essere ottenuta anche attraverso il cumulo dei contributi. Per approfondire: Pensione con 15 anni di versamenti grazie al cumulo.

Pensione di vecchiaia anticipata per invalidità

Il decreto Amato  ha anche introdotto la possibilità di fruire della pensione di vecchiaia anticipata, cioè con un’età pensionabile inferiore a quella prevista per la pensione di vecchiaia ordinaria, per i non vedenti e per chi possiede un’invalidità riconosciuta almeno pari all’80%. Oltre al riconoscimento dell’invalidità, però, il lavoratore deve soddisfare diverse condizioni per usufruire dell’agevolazione:

  • possesso di almeno 20 anni di contributi;
  • dal 2021, possesso di un’età almeno pari a 61 anni, se uomini, o a 56 anni, se donne;
  • per i non vedenti, i requisiti di età sono pari, rispettivamente, a 56 anni per gli uomini, ed a 51 anni per le donne anni dal 2021.

Per accedere a questa pensione, è necessario inviare una domanda di pensione di vecchiaia ordinaria, nella gestione nella quale l’assistito ha versato e va “spuntato” nelle dichiarazioni di avvalersi dell’agevolazione del D.L. 503/1992 art.1 comma 6 e comma 8, il comma 6, per i lavoratori non vedenti e il comma 8 per l’elevazione dei limiti di età agli invalidi in misura non inferiore all’80 % e allego il certificato del medico SS3;

Non sono ammessi al beneficio i lavoratori del settore pubblico ed i lavoratori autonomi.

Casi particolari:

  • Il raggiungimento dei requisiti necessari a ottenere la pensione non implica di per sé che il lavoratore debba necessariamente pensionarsi. Con particolare riferimento alla pensione di vecchiaia, si può cioè dire che non si è obbligati ad andare in pensione al raggiungimento dei 67 anni di età: al contrario, la legge concede di proseguire anche oltre la propria carriera professionale (eventualità ovviamente da non confondere con la possibilità di cumulare la pensione con redditi da lavoro, autonomo o dipendente entro certe soglie fissate per legge) fino al raggiungimento di un requisito anagrafico in corrispondenza del quale scatta invece il cosiddetto pensionamento forzato. In linea di massima, per i lavoratori del settore privato, tale soglia è pari ai 71 anni. Resta inteso l’accordo del datore di lavoro che, al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, può comunque imporre al proprio dipendente il licenziamento per sopraggiunti limiti di età.

  • Diverse invece le regole nel settore pubblico, dove si tende generalmente a favorire il pensionamento: in questo caso, al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia scatta quindi pressoché automaticamente la cessazione del servizio. Oltre tale data, il rapporto non può protrarsi se non, in via eccezionale, nel caso in cui il lavoratore non abbia ancora perfezionato il requisito contributivo richiesto (20 anni di contributi versati). Va d’altra parte precisato che spesso per le pubbliche amministrazioni scatta ancor prima il cosiddetto pensionamento d’ufficio, inteso appunto come l’obbligo o la facoltà a seconda delle amministrazioni di mandare in pensione il personale in servizio al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e/o contributivi. Al momento, l’obbligo scatta generalmente a 65 anni laddove, a tale età, il personale abbia maturato un qualsiasi diritto alla pensione (Quota 100 comunque esclusa); diversamente, il rapporto di lavoro prosegue fino al soddisfacimento dei requisiti necessari per la pensione di vecchiaia. 

Circolare numero 16 del 01/02/2013

Circolare INPS n.20 del 26 gennaio 2001

Scegli e resta informato sulle notizie di cui hai bisogno

Area di interesse