Messaggio Inps n. 4105 del 06-11-2018
Messaggio Inps n. 4105 del 06-11-2018
Applicazione del regime di decadenza dall’azione giudiziaria e prescrizione del diritto per le prestazioni di disoccupazione non agricola nell’ambito della gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti.
Disoccupazione – Gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti (GPT) – Controversie in materia di prestazioni non pensionistiche – Prescrizione del diritto per le prestazioni di disoccupazione non agricola – Regime di decadenza dall’azione giudiziaria
Oggetto: Applicazione del regime di decadenza dall’azione giudiziaria e prescrizione del diritto per le prestazioni di disoccupazione non agricola nell’ambito della gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti.
Si fa seguito al messaggio n. 1166 del 16/03/2018 – in materia di decadenza e prescrizione per le prestazioni di disoccupazione e/o ANF ai lavoratori dipendenti agricoli – per fornire chiarimenti e istruzioni operative per l’applicazione della decadenza dall’azione giudiziaria e della prescrizione del diritto per le prestazioni di disoccupazione non agricola nell’ambito della gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti.
A. Premessa normativa
A1. Decadenza dall’azione giudiziaria per le prestazioni non riconosciute
Come già indicato nel citato messaggio n. 1166 del 2018, l’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970, come modificato dall’art. 4 del D.L. n.384 del 1992 convertito in legge n. 438 del 1992 e dall’art.38 del D.L. n. 98 del 2011 convertito in legge n. 111 del 2011, ha previsto che per le controversie in materia di prestazioni non pensionistiche, che insistono sulla Gestione delle Prestazioni Temporanee ai lavoratori dipendenti (GPT) ex art. 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, l’azione giudiziaria può essere proposta entro il termine di decadenza di un anno che decorre, in via alternativa:
1) dalla data di comunicazione della decisione del ricorso pronunziata dai competenti organi dell’Istituto e cioè dal giorno successivo alla decisione del ricorso amministrativo intervenuta entro il termine di 90 giorni dalla proposizione del ricorso;
2) dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronuncia della suddetta decisione e cioè dal 91° giorno successivo alla presentazione del ricorso amministrativo al Comitato Provinciale in assenza di decisione da parte del Comitato medesimo;
3) dalla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo computati a decorrere dalla data di richiesta della prestazione e cioè dal 301° giorno successivo alla data di presentazione della domanda nel caso di mancata emissione di un provvedimento da parte dell’Inps o nel caso in cui non venga proposto ricorso amministrativo entro i termini.
Si fa presente che, in ogni caso, deve essere fatto salvo il limite di 300 giorni a decorrere dalla data della domanda di prestazione – costituiti dai 120 giorni previsti per l’adozione del provvedimento, cui si aggiungono i 90 giorni per la proposizione del ricorso al Comitato provinciale e gli ulteriori 90 giorni per la relativa decisione – il quale rappresenta la soglia limite oltre la quale non è possibile spostare in avanti il dies a quo ai fini del computo dell’anno di decadenza, come affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 12718 del 29 maggio 2009.
Con la citata sentenza la Corte ha risolto il contrasto giurisprudenziale formatosi nel tempo in ordine alla questione del decorso o meno del termine di decadenza in argomento nel caso di mancanza di un provvedimento esplicito dell’INPS sulla domanda dell’assicurato ovvero nel caso di omissione delle indicazioni di cui al quinto comma del citato art. 47 [1] nel provvedimento adottato sulla domanda di prestazione.
Precisamente, la Corte ha affermato il principio secondo il quale nei suddetti casi l’art. 47 non consente, in considerazione della natura pubblicistica dei termini in materia, lo spostamento in avanti del dies a quo per l’inizio del computo del termine decadenziale di un anno.
È, pertanto, preclusa la possibilità per le parti di derogare alla disciplina legale sui termini di decadenza sul cui termine non può incidere né il privato, presentando un ricorso tardivo, né l’Amministrazione con un provvedimento anch’esso tardivo.
È, quindi, esclusa la possibilità per l’Istituto di rinunciare alla decadenza o di impedirne l’efficacia riconoscendo il diritto alla prestazione ad essa soggetto2+. Eventuali comportamenti decettivi tenuti dall’Istituto, specie se costituiti da esplicite e formali interlocuzioni con l’assicurato in concreto lesivi dei canoni della correttezza e della buona fede, potrebbero dar luogo ad azioni risarcitorie, ma non legittimano l’Istituto a non applicare la decadenza3+.
Il regime decadenziale fin qui esposto si applica alle sole ipotesi di richiesta dell’intera prestazione previdenziale.
A2. Decadenza dall’azione giudiziaria per le prestazioni riconosciute solo in parte
Nei casi in cui si tratti di riliquidazione di una prestazione parzialmente riconosciuta l’art. 38 del D.L. n. 98 del 2011, convertito in legge n. 111 del 2011, ha aggiunto all’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970 un ultimo comma (comma 6) che dispone che le decadenze previste dai commi precedenti si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito.
In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte.
Il predetto intervento legislativo del 2011 conferma indirettamente che nel testo dell’art. 47 previgente, la decadenza dovesse trovare applicazione soltanto nelle ipotesi in cui la domanda giudiziale era rivolta ad ottenere il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale e non anche nelle ipotesi in cui la domanda giudiziale avesse ad oggetto solo l’adeguamento della prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto. In dette ultime ipotesi – fino appunto all’intervento legislativo del 2011 – la pretesa non soggiaceva ad altro limite se non quello dell’ordinaria prescrizione decennale.
L’ultimo comma (comma 6) dell’art. 47 del D.P.R. n. 639 del 1970, quindi, introduce dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore delle nuove disposizioni) una disciplina innovativa, con la conseguenza che la richiesta di integrazione di una prestazione previdenziale già riconosciuta e soddisfatta parzialmente è soggetta ad un termine di decadenza. In tal caso il termine per proporre azione giudiziaria avente ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito decorre, non dall’esaurimento del procedimento amministrativo o, in alternativa, dalla scadenza dei termini fissati per il compimento del procedimento, ma, come previsto dalla legge, dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte.
Sull’applicazione retroattiva della disposizione in argomento di cui al comma 6 dell’art.47 in argomento è intervenuta la Corte Costituzionale con sentenza 2 aprile 2014, n. 69, a seguito della quale le disposizioni in materia di decadenza di cui all’ultimo comma dell’articolo 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 trovano applicazione esclusivamente per le prestazioni riconosciute dal 6 luglio 2011.
A3. Prescrizione
L’art. 38 co. 1 lett. d) del sopracitato D.L. 98 del 2011, convertito in legge n. 111 del 2011, ha ulteriormente modificato il D.P.R. n. 639 del 1970 inserendo l’art. 47 bis il quale ha previsto la riduzione, a partire dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore della norma), della durata del termine di prescrizione da dieci a cinque anni. Infatti il citato art. 47 bis dispone che: “Si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronunzia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui all’articolo 24 della legge 9 marzo 1989, n. 88, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni”. Ne consegue che i ratei arretrati delle prestazioni di disoccupazione maturati dopo il 6 luglio 2011 si prescrivono in cinque anni.
B. Indicazioni operative Per tutto quanto sopra richiamato, si precisano di seguito le modalità di applicazione della decadenza e della prescrizione alle indennità di disoccupazione non agricola nell’ambito della gestione prestazioni temporanee dei lavoratori dipendenti intendendosi comunque applicabile quanto già specificato nel messaggio n. 1166 del 2018 citato.
B1. Applicazione della decadenza dall’azione giudiziaria per le prestazioni non riconosciute Ai fini dell’esatta determinazione del dies a quo dal quale decorre l’anno per la proposizione dell’azione giudiziaria è importante richiamare i termini come specificati nella soprarichiamata sentenza n. 12718 del 2009 della Corte di Cassazione, sez. Unite.
Infatti, tenuto conto che l’intero procedimento amministrativo deve avere una durata massima di 300 giorni costituiti da:
• 120 giorni per la formazione del silenzio rifiuto ai sensi della L. 11 agosto 1973, n. 533, ex art. 7,
• 90 giorni previsti per la presentazione del ricorso al competente Comitato provinciale (L. 9 marzo 1989, n. 88, ex art. 46, comma 5),
• ulteriori 90 giorni previsti per la formazione del silenzio rigetto (L. 9 marzo 1989, n. 88 cit., ex art. 46, comma 6), e considerato che tale termine di 300 giorni non è suscettibile di essere in alcun modo prolungato, si possono verificare i casi di seguito esposti.
- La domanda di indennità di disoccupazione è definita con emissione del provvedimento di reiezione e sono concluse anche tutte le successive fasi del procedimento (presentazione del ricorso, decisione del Comitato). In tal caso il dies a quo dal quale decorre l’anno per la proposizione dell’azione giudiziaria è rappresentato dalla data di comunicazione della decisione del Comitato provinciale competente sempre che siano stati rispettati i termini procedimentali stabiliti (120 + 90 + 90) e che, quindi, tale data non si collochi temporalmente oltre il 300° giorno. Ove la comunicazione della decisione del Comitato avvenga oltre il limite dei 300 giorni, il dies a quo è fissato nel 301° giorno dalla data di presentazione della domanda.
- La domanda di indennità di disoccupazione è definita con emissione del provvedimento di reiezione, è presentato il ricorso al Comitato provinciale competente ma non vi è pronuncia da parte di quest’ultimo. In tal caso il dies a quo dal quale decorre l’anno per la proposizione dell’azione giudiziaria è rappresentato dal termine entro il quale il Comitato si sarebbe dovuto pronunciare sul ricorso (90 gg dalla presentazione del ricorso stesso). Se, però, tale data si colloca temporalmente oltre il 300° giorno, il dies a quo è fissato nel 301° giorno dalla data di presentazione della domanda.
- La domanda di indennità di disoccupazione viene definita con emissione del provvedimento di reiezione ma l’interessato non presenta ricorso al Comitato competente. In tal caso il dies a quo dal quale decorre l’anno per la proposizione dell’azione giudiziaria è rappresentato dal 301° giorno dalla data di presentazione della domanda.
- La domanda di indennità di disoccupazione non viene definita e, quindi, non viene emesso alcun provvedimento di reiezione. Anche in tal caso, il dies a quo dal quale decorre l’anno per la proposizione dell’azione giudiziaria è rappresentato dal 301° giorno dalla data di presentazione della domanda.
Debbono farsi rientrare in quest’ultima casistica di cui al punto 4. le domande di indennità di disoccupazione che, essendo state sottoposte ad un’istruttoria particolarmente lunga, non sono state definite né entro i termini procedimentali già richiamati, né entro i termini previsti per la proposizione dell’azione giudiziaria (300 gg + 1 anno).
In particolare, per quanto riguarda le pratiche i cui richiedenti hanno avuto il codice fiscale bloccato a causa di accertamenti sui rapporti di lavoro, se la domanda di indennità di disoccupazione non è stata definita e non è stata avviata azione giudiziaria da parte nell’interessato nei termini previsti dall’art. 47 del DPR n. 639 del 1970, la domanda non può più essere liquidata una volta intervenuta la decadenza dal diritto. Per quanto richiamato nella premessa normativa, la decadenza, infatti, non è soggetta a interruzione né l’Istituto può rinunciarvi riconoscendo la prestazione ad essa soggetta.
Non influiscono, inoltre, sul decorso della decadenza le eventuali comunicazioni intercorse tra l’assicurato e l’Istituto ivi comprese, ad esempio, la richiesta di documenti da parte dell’ufficio o le istanze di riesame/ricorso presentate dall’assicurato.
B2. Applicazione della decadenza dall’azione giudiziaria per le prestazioni riconosciute solo in parte Per “prestazione riconosciuta solo in parte” si intende il caso in cui la domanda di prestazione è stata definita ma la somma posta in pagamento deriva da un calcolo nel quale non sono stati presi in considerazione alcuni elementi contributivi e/o retributivi già in essere al momento della definizione della domanda e che avrebbero determinato una prestazione di durata e/o misura superiore. L’assicurato, quindi, vanta un diritto di credito nei confronti dell’Istituto che, per quanto richiamato nel paragrafo A2, è soggetto ad un termine di decadenza di un anno che decorre dalla data di ricevimento del provvedimento di liquidazione parziale o, in assenza di questo, dalla data di primo pagamento della prestazione.
Rientrano in questa tipologia, ad esempio, i casi in cui la domanda di prestazione viene definita in assenza di alcune denunce mensili a causa dell’invio tardivo dei flussi Emens da parte del datore di lavoro.
B3. Applicazione della prescrizione Diversamente da quanto specificato per i casi in cui le prestazioni sono riconosciute solo in parte, può verificarsi che un evento successivo al provvedimento di prima liquidazione dell’indennità di disoccupazione (cd. “sopravvenienza”) possa determinare un incremento della prestazione e quindi un nuovo diritto di credito.
La domanda finalizzata ad ottenere l’adeguamento dell’importo della prestazione non soggiace a decadenza ma al termine di prescrizione quinquennale come previsto dall’art. 47 bis del D.P.R. n. 639 del 1970. Il calcolo del termine di prescrizione decorre dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dal verificarsi del fatto sopravvenuto.
Sono soggetti al solo limite prescrizionale di cinque anni anche i pagamenti di prestazione non riscossi.
Infatti, il carattere eccezionale dell’istituto della decadenza dall’azione giudiziaria di cui all’art. 47 impedisce l’applicazione analogica ai casi di mancata riscossione dei ratei di prestazione.
In particolare – ad integrazione di quanto specificato nel precedente paragrafo B2 per il caso delle prestazioni di disoccupazione richieste da soggetti i cui codici fiscali sono bloccati – ove la domanda di prestazione sia stata definita e l’assicurato ha ricevuto il relativo provvedimento di accoglimento prima dell’avvenuto blocco, i ratei di prestazione bloccati e, quindi, non riscossi dall’interessato, sono soggetti alla prescrizione quinquennale poiché tale fattispecie non rientra fra le casistiche di applicazione della decadenza (domande respinte o liquidazioni parziali).